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Indagine Conoscitiva Agcom sul 5G: tutti d’accordo sulla tecnologia, non sul modello regolatorio


05/03/2018

Mentre l’asta per le frequenze pioniere del 5G fa segnare cifre record, con incassi altamente superiori alle aspettative, sembra utile delineare una retrospettiva dell’evoluzione che ne ha interessato il modello tecnologico e regolatorio.
  
Il confronto tra le istituzioni e gli stakeholders è iniziato con l’Indagine conoscitiva avviata con delibera Agcom 557/16/CONS, è proseguito con la Consultazione pubblica sulle regole per l’assegnazione dei diritti d’uso sulle frequenze nelle bande pioniere (marzo 2018) e ha trovato una composizione nel Regolamento Agcom per l’assegnazione delle frequenze (Delibera 231/18CONS).    

Vediamo, innanzitutto, i punti salienti dell’Indagine conoscitiva.

1 Le opinioni degli stakeholders. L’Agcom ha ricevuto contributi da parte di 19 soggetti, fra cui i principali operatori italiani di rete mobile e alcuni dei maggiori costruttori di device di comunicazioni elettroniche. L’Indagine conoscitiva, che ha approfondito i temi cruciali per lo sviluppo delle reti mobili 5G, ha riscontrato una certa omogeneità di vedute in relazione alle soluzioni tecnologiche da adottare; si sono invece registrate opinioni discordanti sull’aspetto regolatorio, e specialmente sulle modalità di assegnazione e sull’estensione geografica dei diritti d’uso delle frequenze.



2 L’utilizzo combinato delle diverse tipologie di bande di frequenza. Tutti i soggetti coinvolti nell’Indagine conoscitiva hanno concordato su un’affermazione preliminare: il 5G annovererà un’ampiezza tale di servizi e di applicazioni da non potersi limitare all’utilizzo di una sola gamma di frequenze.

In tal senso l’interesse maggiore era rivolto alle frequenze poi messe all’asta, cioè la banda a 700 MHz nella fascia al di sotto del GHz, la banda a 3.6 GHz tra quelle intermedie e la banda a 26 GHz tra quelle al di sopra dei 6 GHz. 

Le bande inferiori al GHz, in particolare, sono state considerate fondamentali per lo sviluppo delle interconnessioni tra smart devices, come le comunicazioni Machine to Machine (M2M) o l’Internet of Things (IoT). 



Infatti, tali utilizzi, che coinvolgono un enorme numero di dispositivi dislocati in aree molto vaste, sono tendenzialmente esigenti in termini di latenza, ma non di data rate. Pertanto, gli stakeholders hanno ipotizzato che lo scenario 5G prevedesse spunti verso l’enhanced mobile broadband (eMBB) e il massive machine type communications (mMTC).

Non si sono comunque esclusi, durante l’Indagine conoscitiva, altri utilizzi IoT, per esempio caratterizzati dalla presenza di numerosi dispositivi in una piccola area: utilizzi ad elevate prestazioni, con l’appoggio a bande medie (3.6 GHz) o alte (26 GHz), verso l’ultra-reliable and low latency communications (URLLC).

3 Caratteristiche delle singole bande. In relazione alle bande prioritarie per lo sviluppo della rete 5G, l’Indagine ha messo in evidenza un necessario trade-off tra copertura del territorio e prestazioni. Perciò, confermando l’analisi già svolta dal RSPG (Radio Spectrum Policy Group) per la Commissione Europea, si è affermato un principio che è risultato poi confermato anche nelle successive fasi, e che costituisce la base dell’asta 5G: la nuova tecnologia dovrebbe svilupparsi su “tutte le bande già armonizzate o in corso di armonizzazione per i sistemi di comunicazione elettronica”.

Innanzitutto, le bande a bassa frequenza (700 e 800 MHz): esse, anche se limitate dal punto di vista prestazionale, risultano imprescindibili per una copertura pervasiva ed estesa a tutto il territorio. Poi le bande a media frequenza (comprese tra i 3.4 GHz e i 3.6 GHz): esse costituiscono un compromesso tra le due necessità, garantendo minor penetrazione territoriale, ma migliori prestazioni. Infine, le bande ad alta frequenza (comprese tra i 24.25 GHz e i 27.25 GHz): esse rappresentano il futuro dello sviluppo delle reti 5G, con una predilezione per la banda 26 GHz, la quale, pur pagando lo scotto di una minor capacità di diffusione rispetto alle bande di frequenza inferiore, garantisce prestazioni molto elevate.       

4 Il modello regolatorio. Il tema dell’assegnazione e regolazione dello spettro nello sviluppo delle reti 5G ha diviso le opinioni degli operatori. Si è profilato un nuovo modello di business detto “neutral host”, nel quale un operatore wholesale aggregherebbe le frequenze per poi garantire il rispetto della concorrenzialità e la massimizzazione degli investimenti.        

Ad ogni modo, il quadro regolamentare ruotava già durante l’Indagine conoscitiva attorno ad alcuni concetti-chiave, come per esempio: (a) gli obblighi di copertura, (b) l’estensione geografica dei diritti d’uso e (c) le differenti forme di spectrum licensing e di spectrum sharing.

(a) Sotto il profilo della copertura delle nuove reti, l’assunto condiviso è che il 5G agirà da propulsore per l’aumento del numero di applicazioni che richiederanno una continuità territoriale. Non tutti i soggetti che hanno partecipato all’Indagine conoscitiva, però, ritenevano necessaria l’imposizione di precisi obblighi di copertura in fase di assegnazione delle frequenze. Anzi, secondo alcuni sarebbe stato “il mercato a spingere gli operatori a posare reti 5G il più velocemente possibile nelle aree in cui c’è maggior domanda”. Altri operatori, tuttavia, partendo dal ruolo di “collante” che la banda a 700 MHz avrà nell’IoT multi-frequenziale (connettività stabile al livello fisico del 5G, costituito da small cells ad alte frequenze), hanno ritenuto opportuna l’introduzione di obblighi di copertura connessi all’attribuzione dei diritti d’uso quantomeno sui 700 MHz. Obblighi di copertura poi effettivamente previsti dall’Agcom.         

(b) Anche l’estensione geografica dell’assegnazione ha diviso i contributi espressi: chi si è concentrato sulle peculiarità della banda sotto il GHz (maggiore ampiezza di propagazione) avrebbe preferito uno sviluppo omogeneo su tutto il territorio nazionale, mentre chi valutava le qualità della banda sopra i 6 GHz (minore ampiezza di propagazione) avrebbe prediletto diritti d’uso con estensione territoriale (regionale o locale).     

(c) La questione dello spectrum licensing ruotava attorno alla dicotomia tra diritto esclusivo (individual license) e licenza condivisa (shared license) nell’assegnazione delle frequenze 5G. A tal proposito va sottolineato che la Commissione europea, nella proposta di un nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche, aveva già espresso un favor per lo sharing frequenziale, puntando così a disincentivare i diritti d’uso esclusivi (assegnabili solo quando “strettamente necessario ad evitare interferenze nocive”). Un principio che è stato poi accolto dall’Agcom nel Regolamento. Nonostante ciò, le licenze individuali sono ancora viste dagli operatori come il modo idoneo a garantire il miglior sfruttamento delle frequenze di futura assegnazione. Secondo gli operatori, in sostanza, modelli di club use e light licensing dovrebbero rivestire un ruolo soltanto marginale nell’assegnazione delle frequenze, sia che si parli di horizontal licensing sia che si parli di vertical licensing. E, questo, nonostante sia un dato di fatto che l’accesso alla rete in modalità Licensed Shared Access (LSA) costituisca un fattore chiave nel mercato, soprattutto per gli operatori nuovi entranti (questo dato è emerso anche nell’ambito della consultazione Agcom di cui alla delibera 121/16/CONS). Il Licensed Shared Access è venuto in luce anche in relazione alla questione dello spectrum sharing (ossia l’uso simultaneo della banda, nella stessa area, da parte di diversi soggetti). Alcune bande idonee allo sviluppo della rete 5G, difatti, potrebbero richiedere tempistiche eccessivamente lunghe per la “completa liberazione dagli usi già esistenti”. Di conseguenza, l’opportunità sottolineata dall’Agcom è stata quella della condivisione della banda tra gli utilizzi 5G e quelli preesistenti. Anche su questo punto non c’è stato, però, completo accordo tra i rispondenti: mentre alcuni operatori preferirebbero un’assegnazione delle bande completamente libere da ogni altro utilizzo, altri ritengono che la condivisione dello spettro potrebbe, invece, rappresentare addirittura un’opportunità di mercato.         

L’Autorità sembra comunque avere le idee chiare, e per l’assegnazione delle frequenze ipotizza un approccio case-by-case; per fare un esempio, fin dall’Indagine conoscitiva si è manifestata l’intenzione di applicare misure di favore nei confronti dei nuovi entranti, quali “riserve di ragionevoli porzioni di spettro, misure anti-accaparramento, obblighi di accesso, di servizio o di utilizzo collettivo, o meccanismi di leasing e sharing”. Riserve nei confronti dei nuovi entranti sono state applicate, durante la gara, a favore di Iliad nella banda 700 MHz.

5 I profili tecnologici. Sotto il profilo tecnologico, concernente l’uso dello spettro, i punti di approdo dell’Indagine Agcom sono stati, in sostanza, la network densification e il network slicing come elementi qualificanti dell’intero sistema 5G.
La densificazione delle reti è una necessità legata non soltanto al moltiplicarsi del numero di dispositivi e di dati delle reti 5G, ma anche alle minori proprietà propagative delle bande ad alte frequenze. Le direttrici emerse nel discorso sono l’utilizzo delle microcelle e del backhauling.

Le microcelle, come evidenziato anche dall’Action Plan 5G della Commissione europea, avranno un ruolo peculiare. Non saranno chiamate a sostituire la macro-rete, quanto piuttosto ad affiancarla, ad agire in sincrono con la macro-rete per gestire al meglio i picchi di traffico, garantendo comunque elevate prestazioni agli utenti. Perciò, secondo alcuni, la normativa dovrebbe prevedere non soltanto un regime di autorizzazione generale per l’installazione delle microcelle, ma anche una revisione dei limiti di emissioni elettromagnetiche (connessi rischi salute?). Sempre in tema di microcelle si è parlato anche di soluzioni quali il “white label”, vale a dire l’installazione di microcelle, a cura di soggetti diversi dagli operatori TLC, ma in grado di connettersi alle reti degli operatori, in specifici punti del territorio (come per esempio gli stadi o le stazioni, luoghi caratterizzati da un elevato numero di connessioni contemporanee).

Anche per il backhauling si è previsto un ruolo strategico nello sviluppo del 5G. È stato infatti sottolineato che i punti di accesso della rete, che dovranno godere di collegamenti ad elevate capacità, potranno essere connessi non soltanto in fibra, ma anche in backhauling wireless in ponte radio. Il backhauling svolgerà un ruolo di raccordo tra le celle, rispondendo alle sempre maggiori necessità di comunicazione e di raccordo tra queste, e rispettando i requisiti di alte prestazioni e bassa latenza connaturati a molti utilizzi del 5G. 

Il network slicing, cioè la suddivisione virtuale della rete in porzioni idonee a determinati servizi, risponderà invece alle esigenze di flessibilità della rete richieste dagli utilizzi del 5G. La gestione virtuale, modulare e dinamica della nuova rete consentirà di allocare le risorse fisiche relative alle specifiche esigenze di servizio; in questo modo sarà possibile creare sull’infrastruttura fisica tante reti virtuali, ciascuna specializzata per singolo servizio. Questo processo verrà favorito, inoltre, dall’automazione della rete, capace di ottimizzare e di semplificare la gestione delle risorse.

6 Qualche conclusione. Al netto di opinioni discordanti su specifiche tematiche (come, per esempio, l’assegnazione delle nuove frequenze), l’Indagine conoscitiva ha rappresentato il primo momento in cui gli stakeholders hanno fatto il punto sulle prospettive del 5G: una rete flessibile e scalare, capace di sfruttare, a seconda della tipologia di servizio richiesto, differenti frequenze, a partire da quelle inferiori al GHz per arrivare fino alla banda a 26 GHz.

L’innovazione del 5G, era già chiaro, passerà non solo per una maggior velocità di connessione (creando nuove prospettive per gli utenti), ma anche per la capacità di interconnettere gli smart devices (IoT). Lo spectrum licensing e lo spectrum sharing sembravano – come poi confermato dall’Agcom – modalità di sfruttamento delle frequenze in grado di contemperare le crescenti esigenze in termini di banda con la scarsità delle risorse, creando un ecosistema idoneo al 5G. Un ecosistema che si reggerà su un’ossatura fatta, da un lato, di microcelle e backhauling in ottica densificazione della rete, e dall’altro, di frazionamento adeguamento delle singole porzioni virtuali di rete agli utilizzi di volta in volta ad esse richiesti dai dispositivi connessi.


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