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Appalti, la Corte UE sancisce l’escludibilità dell’offerta economica priva di indicazione dei costi di manodopera
Ma l’offerente può sanare la posizione se il modulo non gli consente materialmente di indicarli

06/06/2019

Con una recente sentenza emessa nell’ambito della causa C-309/18, la Corte di Giustizia UE si è pronunciata sulla domanda pregiudiziale proposta dal TAR Lazio e riguardante l’interpretazione dei principi di certezza del diritto, di trasparenza e di parità di trattamento, di cui alla direttiva 2014/24, in relazione a una specifica condizione di esclusione nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

I termini della questione vertono, in particolare, sulla mancanza di separata indicazione dei costi della manodopera da parte dell’operatore economico aggiudicatario. Tale indicazione è infatti prevista come obbligatoria dall’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, il quale, inoltre, all’art. 83, comma 9, esclude l’integrabilità della medesima indicazione mediante la procedura di soccorso istruttorio.          



Come rilevato dal TAR Lazio, la fattispecie è tuttavia ulteriormente complicata dal fatto che l’impresa aggiudicataria abbia redatto la propria offerta economica “in conformità alla documentazione all’uopo predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice”.     

La documentazione della gara d’appalto, cioè, non specificava l’obbligo di indicare separatamente i costi di manodopera, ma al contempo la citata normativa nazionale poneva la mancata indicazione a motivo di esclusione dell’offerta.          

Su tale base, il giudice del rinvio ha ritenuto che l’esclusione prevista dal Codice dei contratti pubblici, peraltro non sanabile mediante la procedura di soccorso istruttorio, possa produrre discriminazioni anti-concorrenziali – come tali contrarie ai principi fondanti del TFUE – nei confronti in particolare delle imprese straniere, le quali non potrebbero “nutrire un valido e concreto affidamento sulla correttezza della modulistica predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice”.



Nel dirimere la questione pregiudiziale, la Corte ha preso le mosse da una sua precedente pronuncia (causa C-27/15), nella quale aveva statuito “che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico […] a seguito del mancato rispetto […] di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti”. 
           
Tuttavia, rispetto a tale precedente, la questione sollevata dal TAR Lazio si pone in termini differenti. In questo caso, infatti, l’obbligo di indicazione, pur non risultando dalla documentazione di gara, risulta eccome dal diritto nazionale vigente: è appunto il citato art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici, a imporre a pena di esclusione l’indicazione separata dei costi di manodopera.           

Chiarita dunque la validità dell’esclusione dell’offerta economica per la mancata indicazione di un parametro espressamente richiesto dalla legge, la Corte europea si interroga poi sulla sua prevista insanabilità.

Sul punto, dato che la direttiva di riferimento lascia agli Stati membri la facoltà di limitare i casi nei quali è possibile effettuare l’integrazione di una documentazione incompleta, la scelta nazionale di escludere l’integrabilità dei costi di manodopera risulta perfettamente compatibile col quadro euro-unitario.          
           
Sulla base di tali ragionamenti, la Corte UE ha desunto quindi la piena legittimità del combinato disposto tra l’art. 95, comma 10 (obbligo di indicare il costo della manodopera) e l’art. 83, comma 9 (esclusione non sanabile per mancata indicazione del costo di manodopera) del Codice dei contratti pubblici.   

Ciò significa che, nell’ambito di una gara pubblica, l’impresa offerente, la quale è tenuta a conoscere non soltanto il bando di gara, ma anche la legge applicabile, può essere esclusa sulla base dell’inosservanza di quella legge, anche quando essa non sia richiamata dal bando medesimo.              

In chiusura di sentenza, tuttavia, la Corte offre un temperamento, in termini di potenziale sanabilità, al rigido obbligo siffatto.

Se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche” si legge infatti, “i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.                   

La valutazione in concreto spetterà, come è ovvio, al giudice del rinvio.  

In conclusione la Corte, così pronunciandosi, se da un lato ha legittimato la scelta italiana di escludere la mancata indicazione dei costi di manodopera dal novero delle carenze sanabili, dall’altro ha lasciato aperto all’operatore uno spiraglio di sanabilità nel caso in cui tale mancanza dipenda dall’impossibilità materiale di indicarli nei moduli predisposti dall’amministrazione (per assenza di spazio fisico sul modulo unita al divieto di presentare ulteriori documenti non richiesti dalla p.a.).   

© Graziadei Studio Legale

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